martedì 17 settembre 2013

giorno 5 (07/07/2013). La colazione è il pasto più importante della giornata.

In luogo di Steven, il magro receptionist di ieri, questa mattina ci serve una bionda e ancor più giovane fanciulla, dolcemente ingenua e terribilmente maldestra, che io adoro e Joel trova la cameriera peggiore della storia. Ci chiede se vogliamo la full Scottish breakfast e noi, tutti contenti, rispondiamo con uno “yes sure!” a dir poco entusiasta. Senza considerare, però, che la full consiste di haggis + black pudding + bacon + salsicce + uova in camicia + funghi alla piastra + pomodori al forno + fagioli in salsa di ketchup + frittella di grano saraceno. Una roba enorme, pantagruelica. Vedendo i piatti ci escono gli occhi dalle orbite.


Questa non ce la scorderemo mai... in senso orario, partendo dal pomodoro: ketchup beans, uova, funghi, frittella, black pudding, haggis, salsicce e bacon! Gaudio e delizia...

Attraversiamo i Trossachs andando verso nord, paesetto dopo paesetto, tra ruscelletti, cascatelle e foreste, e ci fermiamo a Callander per sgranocchiare due biscotti con un po’ di frutta in un villaggio tutto raccolto intorno ad un ponticello. In effetti il ponte è il ricordo di una famosa battaglia (qui un po’ tutto lo è, combattevano sempre), il fiumiciattolo si produce in una cascata particolarmente pittoresca proprio sotto di noi e sull’altra riva c’è il più antico filatoio a ruota orizzontale di Scozia: dal 1800 batte lana per tutto il circondario. Anche qui torna alla mente il macchinario dei I pilastri della terra, ma l’ambiente sembra più consono a degli Hobbit della Terra di Mezzo. Infine, sull’isolotto calato nel mezzo del letto del ruscello, notiamo un portale con un’iscrizione: credo sia il cimitero della famiglia Mc Leod, e qui dovrebbe essere sepolto Rob Roy.

Il meteo comincia a migliorare, e non abbiamo più bisogno di impilare strati di abiti per proteggerci dal vento birichino, anzi il sole ci cuoce a fuoco lento andando verso Pitlochry, che è una cittadina affollata, un po’ anonima e parecchio pacchiana. 


Alle sue spalle, però, il castello di Blair vale un’occhiata, e andiamo a visitarne i giardini, di solito la porzione più attraente delle proprietà insieme alle facciate suggestive –mentre gli interni sono perlopiù spogli e poveri. Il castello propriamente detto, bianco con bordi neri, è di un neogotico degno di un film della Pixar, mentre il parco si compone principalmente di due parti, la Diana’s Grove in cui è immersa una diroccata cappella, e i giardini di Hercules, una vera sorpresa botanica che riunisce ninfee, specchi d’acqua per le anatre, ponticelli in stile cinese, una grande collezione di rose e di digitale e un incredibile orto pieno di mille varietà di patate, zucchine, piselli fragole e altre specie che mai ti aspetteresti di trovare in un castello blasonato. L’orto qui è un passatempo chic, utile e degno di nobili terricoli che hanno tempo e mezzi per far proliferare piante che sarebbero facili prede degli agenti atmosferici.



Vista l’ora, è il caso di spostarci ancora in direzione di Inverness, e iniziare a cercare un rifugio per la notte, dopo aver cercato infruttuosamente di salutare i cervi di Diana nel Blair Atholl (per inciso, i detti cervi non ci hanno considerato di striscio e si sono messi a far la siesta in un punto così lontano dal recinto da far pensare ad uno sciopero della foto-ricordo).
Nell’arco di cinque chilometri la vegetazione cambia completamente, virando verso un quadro più inquietante e ostile, con monti alti e spogli di colore indaco e verdone: ma sarà vero che dopo Pitlochry non si trova da dormire se non prenotando con largo anticipo? Le strie di neve e di bruta pietra che solcano i monti violacei mi intimoriscono un po’ e decido di pilotarci fuori dall’autostrada già a Newtonmore, per avere una decina di km in più dove cercare un riparo per la notte, prima di affrontare la più caotica città del nord profondo. 

Esempio di umorismo scozzese? We like it!
Appena entrati in paese una Guest House ci attende e prima di decidere se vogliamo la stanza il padrone ci ha già messo le chiavi in mano e fatto lo sconto, così in meno di dieci minuti ci ritroviamo in un delizioso sottotetto rimesso a nuovo da pochissimo, con pareti di boiserie color miele e un bagno di azuleios (ma che ci azzeccano, direte), per la modica cifra di 59£. In più siamo nel pub del paese, quindi si mangia in compagnia di mezza Newtonmore Cullen skink, la mia prima zuppa di baccalà, patate e cipolle in crema di latte e panna. In compenso la birra non è un granché e mi sembra acquatica, meglio ritirarsi a meditare in camera.

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