In
luogo di Steven, il magro receptionist di ieri, questa mattina ci serve una
bionda e ancor più giovane fanciulla, dolcemente ingenua e terribilmente
maldestra, che io adoro e Joel trova la cameriera peggiore della storia. Ci
chiede se vogliamo la full Scottish breakfast e noi, tutti contenti,
rispondiamo con uno “yes sure!” a dir poco entusiasta. Senza considerare, però,
che la full consiste di haggis + black pudding + bacon + salsicce + uova in
camicia + funghi alla piastra + pomodori al forno + fagioli in salsa di ketchup
+ frittella di grano saraceno. Una roba enorme, pantagruelica. Vedendo i piatti
ci escono gli occhi dalle orbite.
| Questa non ce la scorderemo mai... in senso orario, partendo dal pomodoro: ketchup beans, uova, funghi, frittella, black pudding, haggis, salsicce e bacon! Gaudio e delizia... |
Attraversiamo
i Trossachs andando verso nord, paesetto dopo paesetto, tra ruscelletti,
cascatelle e foreste, e ci fermiamo a Callander per sgranocchiare due biscotti con un po’ di frutta in un
villaggio tutto raccolto intorno ad un ponticello. In effetti il ponte è il
ricordo di una famosa battaglia (qui un po’ tutto lo è, combattevano sempre),
il fiumiciattolo si produce in una cascata particolarmente pittoresca proprio
sotto di noi e sull’altra riva c’è il più antico filatoio a ruota orizzontale
di Scozia: dal 1800 batte lana per tutto il circondario. Anche qui torna alla
mente il macchinario dei I pilastri della terra, ma l’ambiente sembra più
consono a degli Hobbit della Terra di Mezzo. Infine, sull’isolotto calato nel
mezzo del letto del ruscello, notiamo un portale con un’iscrizione: credo sia il
cimitero della famiglia Mc Leod, e qui dovrebbe essere sepolto Rob Roy.
Il
meteo comincia a migliorare, e non abbiamo più bisogno di impilare strati di
abiti per proteggerci dal vento birichino, anzi il sole ci cuoce a fuoco lento
andando verso Pitlochry, che è una cittadina affollata, un po’ anonima e
parecchio pacchiana.
Alle sue spalle, però, il castello di Blair vale
un’occhiata, e andiamo a visitarne i giardini, di solito la porzione più
attraente delle proprietà insieme alle facciate suggestive –mentre gli interni
sono perlopiù spogli e poveri. Il castello propriamente detto, bianco con bordi
neri, è di un neogotico degno di un film della Pixar, mentre il parco si
compone principalmente di due parti, la Diana’s Grove in cui è immersa una
diroccata cappella, e i giardini di Hercules, una vera sorpresa botanica che
riunisce ninfee, specchi d’acqua per le anatre, ponticelli in stile cinese, una
grande collezione di rose e di digitale e un incredibile orto pieno di mille
varietà di patate, zucchine, piselli fragole e altre specie che mai ti
aspetteresti di trovare in un castello blasonato. L’orto qui è un passatempo
chic, utile e degno di nobili terricoli che hanno tempo e mezzi per far
proliferare piante che sarebbero facili prede degli agenti atmosferici.
Vista
l’ora, è il caso di spostarci ancora in direzione di Inverness, e iniziare a
cercare un rifugio per la notte, dopo aver cercato infruttuosamente di salutare
i cervi di Diana nel Blair Atholl (per inciso, i detti cervi non ci hanno
considerato di striscio e si sono messi a far la siesta in un punto così
lontano dal recinto da far pensare ad uno sciopero della foto-ricordo).
Nell’arco di cinque chilometri la vegetazione cambia completamente, virando
verso un quadro più inquietante e ostile, con monti alti e spogli di colore
indaco e verdone: ma sarà vero che dopo Pitlochry non si trova da dormire se
non prenotando con largo anticipo? Le strie di neve e di bruta pietra che
solcano i monti violacei mi intimoriscono un po’ e decido di pilotarci fuori
dall’autostrada già a Newtonmore, per avere una decina di km in più dove
cercare un riparo per la notte, prima di affrontare la più caotica città del
nord profondo.
| Esempio di umorismo scozzese? We like it! |
Appena entrati in paese una Guest House ci attende e prima di decidere
se vogliamo la stanza il padrone ci ha già messo le chiavi in mano e fatto lo
sconto, così in meno di dieci minuti ci ritroviamo in un delizioso sottotetto
rimesso a nuovo da pochissimo, con pareti di boiserie color miele e un bagno di
azuleios (ma che ci azzeccano, direte), per la modica cifra di 59£. In più
siamo nel pub del paese, quindi si mangia in compagnia di mezza Newtonmore Cullen
skink, la mia prima zuppa di baccalà, patate e cipolle in crema di latte e
panna. In compenso la birra non è un granché e mi sembra acquatica, meglio
ritirarsi a meditare in camera.
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