Stamattina
superiamo rapidamente Inverness, il grande polo industriale e commerciale al
fondo del Loch Ness, per scoprire un po’ di selvaggio Nord (ma non prima di
esserci persi in un parcheggio della Coop locale: Inverness può essere caotica, in periferia).
Subito
a est della città ci sono i Clava Cairns, incredibile reperto di oltre
quattromila anni che è contemporaneamente necropoli e raduno di templi druidici
di epoche successive, circondati di menhir e un paio di dolmen. È curioso
vederli tutti insieme, ma soprattutto è incredibile la quieta sacralità che
pervade questi luoghi, che in tutta la mattina hanno visto passare solo noi.
Questa assenza di profanazione di massa un po’ mi sorprende, dacché il sito è
spettacolare benché meno famoso o ampio di altri analoghi come Carnac, che
rischia continuamente la rovina per mano e piede di un afflusso selvaggio.
Il
campo di Culloden, nonostante la tragicità degli eventi che richiama, è davvero
solo un campo, e gli preferisco la rilettura di qualche pagina di Walter Scott.
La
strada comincia a farsi dura e lascio il volante a Joel, almeno finché non
torneremo nel sud. Le corsie sono strettissime, e dopo qualche chilometro si
passa direttamente alla corsia unica, costellata di passage points, ovvero
piazzole laterali che permettono alle persone di incrociarsi. Il più vicino
alla piazzola vi si ferma e l’altro conducente si profonde in ringraziamenti
con capo, braccia e arti liberi, mentre gli altri passeggeri parimenti
partecipano all'effusione Dopo un po’ di preghiere e qualche manciata di
capelli bianchi giungiamo in prossimità di Gairloch: la sua costa oceanica si
apre verso il mare con sontuosità, in una costa frastagliata ma non aspra, erosa
da millenni di onde lente e possenti. Fa caldo in modo inusuale per la regione,
e sulla spiaggia immensa ci sono altre coppie, bimbi e cani che si beano del
tempo bellissimo, un cielo terso solcato solo da nuvole passeggere e una
temperatura che permette ai più temerari di fare un bagno, magari con la muta.
Persino io mi metto i pantaloncini da yoga della North Sail che ancora non
avevo mai usato: gli spazi qui sono abbastanza grandi da permettere una
notevole privacy, e tutto è quiete e riposo. Il centro della spiaggia bianca,
tappezzato di alghe e residui di conchiglie, segnala il limite della marea e
sulla parte più asciutta consumiamo un leggero pranzo di frutta e biscotti da
tè, con uno scone e una pasta frolla acquistati al bar del vicino campo da golf.
Di questo sport avevo sempre pensato abbastanza male, mentre mi sembra qui,
ora, molto sano e naturale, assolutamente calibrato sul paesaggio, per nulla
snob; naturalmente anche in Scozia ci sono campi molto “fancy”, bordati di alti
cancelli a proteggere il relax di altezzosi utenti, ma la maggior parte dei
siti disponibili nell'intorno sono campicelli naturali di varia grandezza che
seguono i rilievi naturali del terreno, senza caddies o altre storture
semicoloniali: se vuoi una mazza te la prendi, se spedisci la pallina nello
stagno o nella sabbia vai a ribatterla, possibilmente senza sporcarti troppo i
calzettoni da kilt.
Dopo
pranzo mi assale la tentazione di mettere almeno i piedi a bagno, perché senza
bagno in mare, che vacanza è? Questo è l’oceano aperto, e sembra una tavola
blu… dopo la stradetta accidentata da Inverness ci è parsa una rivelazione,
quindi via scarpe, via calze e su il pile per controbilanciare un po’ il freddo
delle estremità inferiori. Subito l’acqua non sembra nemmeno tanto fredda, ma
dopo qualche minuto mi fanno male piedi e caviglie, e mi regalo un Raynaud coi
fiocchi. Il mio prof di reumatologia sarebbe fiero di me. Per questo mi sento
prudere da morire, o saranno questi strani insettini zampettanti nell’acqua
bassa? Più prudentemente proseguo con i piedi all'asciutto lasciando Joel al
suo pediluvio, e raccolgo qualche conchiglia: ci scriveremo dentro l’occasione
del viaggio e inizieremo una piccola collezione da mettere in una bella boccia
vicino alla nostra nuova vasca da bagno. In una casa al mare, la boccia di
conchiglie è di rigore, no?
Nel
pomeriggio facciamo di nuovo volta verso sud, per pernottare in un luogo vicino
a Skye, e sento la triste mancanza di una vera mappa del luogo, perché gli uffici
del turismo ne distribuiscono di molto sommarie, e comincio a patire il GPS: per
tanti versi è meraviglioso, ma il mio io-navigatore non vuole essere
soppiantato così, in tronco. Inoltre le carte satellitari della Gran Bretagna non sono
molto precise, e provocano lo sdegno del mio ligissimo marito che, contrario
allo scaricamento, le ha regolarmente comprate per un prezzo esorbitante.
Lochcarron mi sembra un buon posto, e comincio a dare un’occhiata in giro, in
riva al fiordo c’è una Guest House promettente; vi prendiamo una stanza ampia e
pulitissima, estremamente luminosa e con una vista mozzafiato, per 80£ che ci
sembrano ben meritate. Ci fermiamo anche per cena, dove scopro a quali vette
meravigliose possa assurgere la Cullen Skink! Poi salmone affumicato e in paté,
oatcakes, cozze con la panna e il vino bianco. Dopo cena, su tripAdvisor scopriamo di aver imbroccato per puro caso il Rockvilla, pluripremiato detentore di un unanime 5/5 (unico a mia memoria). Per la descrizione della luculliana colazione, dovrete aspettare il prossimo post, perché domani è un altro giorno.scopriamo di aver imbroccato per puro caso il Rockvilla, pluripremiato detentore di un unanime 5/5 (unico a mia memoria). Per la descrizione della luculliana colazione, dovrete aspettare il prossimo post, perché domani è un altro giorno.
La vista dal Rockvilla, sul fiordo |
Nessun commento:
Posta un commento